Conto corrente sotto controllo: anche l’assenza di prelievi può far scattare un accertamento fiscale

Nel 2025 i controlli dell’Agenzia delle Entrate diventano sempre più approfonditi e sistematici. Tra gli elementi che possono insospettire l’amministrazione finanziaria c’è anche un comportamento che in apparenza sembrerebbe del tutto innocuo: non prelevare mai contanti dal conto corrente.

Questa scelta, se non giustificata da un uso tracciabile del denaro, può far sorgere dubbi sulla reale provenienza delle somme utilizzate per vivere, facendo scattare un accertamento fiscale.

Conto corrente controllato: uomo che punta il dito verso lo spettatore in tono inquisitorio e minaccioso.

Gaetano Vilnò, Gaetanovilno

Il conto corrente è sempre monitorato

L’Agenzia delle Entrate ha accesso diretto al Registro dei Rapporti Finanziari, che contiene informazioni dettagliate su conti correnti bancari e postali, depositi, carte prepagate e altri strumenti finanziari. Questi dati, forniti periodicamente dagli istituti di credito, vengono incrociati con le dichiarazioni fiscali dei contribuenti tramite l’Anagrafe Tributaria.
Il controllo può estendersi fino a:

  • 5 anni se la dichiarazione dei redditi è stata regolarmente presentata;
  • 7 anni in caso di omissione.

Perché non prelevare può diventare un problema

L’assenza totale di prelievi, in particolare da parte di chi riceve regolarmente redditi, come stipendio o pensione, può apparire anomala. Se non ci sono neppure spese tracciabili (pagamenti con carta, bonifici, addebiti), il Fisco potrebbe chiedersi in che modo la persona sostenga le proprie spese quotidiane.

Questo vale soprattutto quando il tenore di vita risulta sproporzionato rispetto al reddito dichiarato. In questi casi, l’Agenzia può avviare un accertamento per verificare se ci siano redditi non dichiarati.

I comportamenti che attirano l’attenzione del Fisco

L’Agenzia delle Entrate osserva diversi indicatori che possono far presumere anomalie fiscali:

  • Prelievi frequenti e ingiustificati, che potrebbero nascondere attività in nero;
  • Prelievi elevati e ricorrenti, che sollevano sospetti di riciclaggio;
  • Totale assenza di prelievi e spese, incompatibile con la normale gestione della vita quotidiana;
  • Bonifici ricevuti da soggetti sconosciuti o privi di causale;
  • Risparmi accumulati che non trovano riscontro nel reddito dichiarato.

Come funziona l’accertamento fiscale

Il procedimento si avvia solitamente con l’invio di un questionario da parte dell’Agenzia delle Entrate, in cui si chiede al contribuente di chiarire l’origine delle risorse economiche. È possibile evitare conseguenze solo fornendo una documentazione precisa e coerente che dimostri la liceità e la non imponibilità delle somme.

Tra le giustificazioni accettate:

  • Risparmi accumulati in precedenza;
  • Donazioni da parte di familiari;
  • Redditi esenti da tassazione (ad esempio, indennità di invalidità o risarcimenti);
  • Eredità, vincite o vendite occasionali di beni.

La semplice dichiarazione verbale non basta. La giurisprudenza, tra cui varie sentenze della Corte di Cassazione (n. 17413/2022 e n. 24367/2021), richiede prove dettagliate, coerenti e documentate.

Le conseguenze in caso di mancata giustificazione

Se il contribuente non fornisce chiarimenti soddisfacenti, le somme non giustificate vengono considerate come redditi non dichiarati. In questo caso, il Fisco può emettere un avviso di accertamento, che comporta:

  • il pagamento delle imposte evase;
  • l’applicazione di sanzioni amministrative;
  • l’addebito degli interessi di mora.

Conclusioni

La gestione del conto corrente non è più un ambito privato e impenetrabile. Anche la semplice assenza di prelievi può sollevare dubbi fiscali. È quindi importante mantenere una coerenza tra entrate, spese e redditi dichiarati, conservando la documentazione necessaria per giustificare eventuali richieste dell’amministrazione finanziaria.

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