Decreto ingiuntivo annullato in condominio: se l’amministratore non comunica, paga anche le conseguenze

Decreto ingiuntivo: mano grande con indice che punta verso una mano più piccola che punta nella direzione opposta.

Gaetano Vilnò, gaetanovilno

Quando la mancanza di trasparenza genera contenzioso: la Corte d’Appello di Roma richiama gli amministratori ai loro doveri

Nel complicato equilibrio della vita condominiale, l’amministratore è il punto di riferimento: coordina i lavori, raccoglie i pagamenti, tiene i conti. Ma cosa succede quando è proprio l’amministratore a mancare di trasparenza, provocando un contenzioso giudiziario che si sarebbe potuto evitare?

È questo il cuore della recente sentenza n. 2756/2025 della Corte d’Appello di Roma, che ha stabilito un principio importante: se l’amministratore non fornisce al nuovo proprietario le informazioni necessarie, il decreto ingiuntivo perde di legittimità, e le spese legali possono essere compensate.

Il caso: un decreto ingiuntivo da 6.500 euro e nessuna informazione

Una società acquista due appartamenti in un condominio e pochi mesi dopo riceve un decreto ingiuntivo per oltre 6.500 euro di spese arretrate. La somma comprende anche oneri risalenti a gestioni precedenti l’acquisto — dunque non dovuti secondo quanto stabilito dall’art. 63 disp. att. c.c., che limita la responsabilità ai debiti dell’anno in corso e di quello precedente.

Ma il vero problema non è solo giuridico: la società non aveva mai ricevuto alcuna comunicazione dall’amministratore, né richieste di pagamento, né documentazione utile a verificare le somme. Come è emerso in giudizio, l’amministratore non aveva affisso i propri recapiti nell’atrio (come previsto dall’art. 1129 c.c.), né aveva risposto alle ripetute richieste d’informazione.

Risultato? L’unico modo per avere chiarimenti è stato difendersi in tribunale.

Il giudizio: quando è l’amministratore a creare il problema

La Corte ha sottolineato come il comportamento dell’amministratore sia stato in contrasto con i principi di correttezza e buona fede (art. 1175 c.c.). La sua totale mancanza di collaborazione ha impedito al nuovo proprietario di verificare la correttezza delle somme richieste e di pagare eventualmente quanto dovuto senza bisogno di finire in aula.

Anche se formalmente il decreto ingiuntivo era possibile, la condotta ostativa dell’amministratore ha creato una situazione iniqua e ha dato origine a un contenzioso che poteva (e doveva) essere evitato.

Le spese legali? Si compensano

Il punto centrale della sentenza riguarda la ripartizione delle spese processuali. Il Tribunale, in primo grado, aveva condannato la società al pagamento, ritenendo che fosse stata lei a non pagare in tempo.

La Corte d’Appello ha ribaltato questa visione: non era colpa della società se il pagamento era arrivato solo dopo la notifica del decreto, ma dell’amministratore che non aveva mai fornito alcuna informazione. Per questo motivo, le spese legali sono state integralmente compensate tra le parti.

Un principio di equità e buon senso, che riconosce come le controversie non nascono solo dai ritardi nei pagamenti, ma anche dalla mancanza di trasparenza da parte di chi dovrebbe facilitarli.


Cosa insegna questa sentenza?

  • Gli amministratori devono affiggere i propri recapiti all’ingresso del condominio, come stabilito dalla legge.
  • Devono rispondere tempestivamente alle richieste dei nuovi proprietari, fornendo documentazione e chiarimenti.
  • La trasparenza non è una facoltà, ma un dovere giuridico.
  • In mancanza di dialogo, anche le spese legali possono ricadere su chi ha provocato il contenzioso, anche se non è formalmente parte inadempiente.

Un messaggio chiaro: la buona gestione condominiale passa dalla comunicazione. E quando questa manca, è l’amministratore a doverne rispondere.

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