Pignoramento da 500 mila euro nonostante lo stop del giudice: il Fisco viene condannato

Pignoramento: mani di uomo che aprono il portafoglio mostrando banconote da dollari.

Gaetano Vilnò, gaetanovilno

Clamoroso caso a Bari: conti bloccati nonostante un’ordinanza di sospensione. Il tribunale sanziona l’Agenzia della Riscossione.

Un episodio che lascia senza parole quello accaduto a un imprenditore barese, al centro di una vicenda che evidenzia gravi criticità nel rapporto tra contribuenti e Agenzia delle Entrate Riscossione (ADER). Nonostante una chiara ordinanza del Tribunale che aveva sospeso un pignoramento, l’ente è tornato all’attacco due anni dopo, bloccando i conti correnti del contribuente per un importo vicino ai 500 mila euro.

Una situazione che ha costretto il cittadino a rivolgersi nuovamente al giudice per far valere un diritto che, in teoria, era già stato riconosciuto.


I fatti

Tutto ha inizio nel marzo 2022, quando ADER emette un pignoramento a carico del contribuente per una presunta esposizione debitoria. Tuttavia, il Tribunale di Bari accoglie la richiesta di sospensione, bloccando formalmente l’esecuzione. Sembrava quindi che la questione fosse risolta.

Ma nel 2024, inaspettatamente, l’Agenzia della Riscossione torna ad agire, pignorando nuovamente i conti correnti dell’imprenditore, nonostante non fosse cambiato nulla nella situazione giuridica: i titoli esecutivi erano ancora sospesi e addirittura impugnati davanti al giudice del lavoro.

Di fronte a tale iniziativa, il contribuente è stato costretto ad avviare un nuovo procedimento. Il 4 aprile 2025, il Tribunale di Bari ha preso posizione con una nuova ordinanza, condannando ADER al pagamento di circa 6.000 euro di spese legali e riconoscendo che l’azione dell’ente era del tutto illegittima.


Le motivazioni del Tribunale

Nel provvedimento, divenuto irrevocabile perché non impugnato nei termini di legge, il giudice ha sottolineato come l’azione esecutiva intrapresa da ADER fosse stata tempestivamente sospesa. Inoltre, ha evidenziato che non poteva essere riavviata, poiché i medesimi titoli a fondamento dell’esecuzione risultavano sospesi anche da altri procedimenti, incluso quello in corso davanti al giudice del lavoro.


L’intervento di PIN: “Serve un Garante più forte”

A commentare l’accaduto è intervenuta Partite Iva Nazionali (PIN), che attraverso il suo presidente ha denunciato pubblicamente l’episodio, definendolo un esempio lampante di come un Garante dei Contribuenti con poteri effettivi avrebbe potuto impedire un simile abuso.

“I cittadini e le imprese non possono vivere con il timore di vedersi bloccare i conti senza una valida ragione – ha dichiarato il presidente di PIN –. Stiamo lavorando per chiedere in Senato il ripristino dei poteri al Garante dei Contribuenti, indebolito dalla recente riforma fiscale”.


Conclusioni: un campanello d’allarme per tutti i contribuenti

Il caso di Bari non è solo una vicenda personale: è il simbolo di una fragilità strutturale nei meccanismi di tutela del contribuente. Quando si ignorano le decisioni dei giudici, e i cittadini devono ricorrere due volte in tribunale per vedersi riconoscere gli stessi diritti, è evidente che qualcosa nel sistema va rivisto.

Il rispetto delle sospensive, l’efficacia delle tutele e la presenza di organismi indipendenti e realmente operativi sono elementi essenziali per garantire una giustizia fiscale equa.

Per questo motivo, rafforzare il Garante del Contribuente non è solo una richiesta tecnica, ma un passaggio fondamentale per restituire fiducia nel rapporto tra cittadini e amministrazione finanziaria.

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