Recupero crediti aggressivo: come riconoscerlo e difendersi
Sempre più cittadini segnalano pratiche scorrette da parte di alcune società di recupero crediti, che si spingono ben oltre i limiti imposti dalla legge e dalla buona educazione. Pressioni psicologiche, telefonate insistenti, minacce di pignoramenti o addirittura di carcere: sono solo alcune delle tecniche usate per costringere i consumatori a pagare presunti debiti, spesso anche in assenza di una reale verifica della somma dovuta.
Ma quali sono i limiti di legge? E come può difendersi un consumatore da queste forme di abuso?

Cos’è il recupero crediti e come dovrebbe funzionare
Il recupero crediti è un’attività perfettamente lecita, se condotta nel rispetto delle normative. Consiste in tutte quelle azioni volte a ottenere il pagamento di una somma dovuta da un consumatore verso un’impresa, ad esempio per un prestito, una bolletta non saldata o una rata scaduta. Tuttavia, è fondamentale che tale attività venga svolta da operatori professionali, rispettosi della dignità del debitore e trasparenti nel fornire informazioni.
Le società di recupero crediti, infatti, non sono autorizzate a intimidire, diffamare o violare la privacy del cittadino. Hanno il solo compito di mediare tra il creditore e il debitore, agendo con equilibrio e nel rispetto delle norme previste.
Come riconoscere le pratiche scorrette
Esistono alcuni segnali chiari che possono aiutare a riconoscere comportamenti scorretti o addirittura illeciti:
- Comunicazioni vaghe o generiche, prive di dettagli precisi sul debito e sull’azienda creditrice;
- Telefonate aggressive, inviate in serie, anche su numeri privati o aziendali;
- Messaggi preregistrati, SMS o e-mail con contenuti intimidatori e senza alcun riferimento preciso;
- Appostamenti sotto casa, visite sul luogo di lavoro, bigliettini lasciati sulla porta: tutte pratiche lesive della privacy e della dignità personale;
- Minacce infondate, come il carcere, la perdita dello stipendio o la dichiarazione di fallimento;
- Citazioni presso giudici di pace fuori zona, usate spesso solo per spaventare, ma che nella maggior parte dei casi non hanno alcun valore legale.
I falsi miti da sfatare
Molti consumatori vengono spaventati con affermazioni non veritiere. È quindi importante sapere che:
- Non si va in carcere per debiti. L’inadempimento di una somma di denaro è una questione civile, non penale.
- Non si può essere dichiarati falliti senza una procedura complessa, preceduta da un provvedimento del giudice.
- Non si può procedere a pignoramenti (su beni o stipendio) senza un decreto ingiuntivo o una sentenza.
- Non si viene iscritti automaticamente nei registri dei cattivi pagatori, a meno che il debito non sia stato contratto con banche o finanziarie e previa comunicazione.
Cosa fare in caso di contatti sospetti
La prima cosa da fare è verificare se il debito esiste davvero. In molti casi, le comunicazioni inviate sono generiche e non forniscono informazioni chiare. È importante:
- Richiedere la documentazione completa relativa al presunto debito;
- Contestare formalmente la richiesta, se ci sono dubbi sulla sua legittimità;
- Segnalare il comportamento scorretto alle autorità competenti o alle associazioni dei consumatori;
- Non cedere alle minacce o alla pressione psicologica: ogni eventuale azione legale deve essere accompagnata da una comunicazione ufficiale da parte di un giudice.
In presenza di una contestazione documentata, le società di recupero sono obbligate a sospendere ogni attività fino a quando non si chiarisca la situazione.
Conclusioni
Il recupero crediti deve sempre avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali della persona. Nessuna azienda è autorizzata a utilizzare minacce, intimidazioni o violazioni della privacy per ottenere il pagamento di una somma, anche se dovuta. In caso di abusi, è fondamentale non restare in silenzio: conoscere i propri diritti è il primo passo per difendersi.
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